Sie haben das Recht zu schweigen. Henryk M. Broders Sparring-Arena

Henryk M. Broder

25.05.2003   13:02   +Feedback

La via tedesca: Una nomina eccellente

Enrico Brachiale

Siamo alla corte della regina Vittoria, la quale non solo era assai puritana, ma teneva anche moltissimo alle buone maniere. La regina invita a pranzo i rappresentanti diplomatici degli Stati europei. Come sempre in simili occasioni, il comportamento a tavola è molto formale. L’etichetta è tutto. Senonché, già durante l’antipasto si verifica un imbarazzante contrattempo. Chiaramente udibile per tutti i presenti, alla regina scappa un sonoro peto. Per salvare la situazione,

Enrico Brachiale

Enrico Brachiale il suo paggio scatta in piedi e paonazzo in volto dice: »Vi prego di scusarmi. Trovo indigesti i pomodori verdi.« Servita la minestra, la sovrana emette nuovamente lo stesso rumore. Questa volta si alza l’ambasciatore spagnolo: »Perdonate Maestà, non se ne abbia, ma il clima mi dà dei problemi.« E avanti così, la regina soffre di flatulenza e i suoi ospiti via via si assumono la colpa dell’inconveniente. Al dessert alla conta manca un solo commensale, il rappresentante del Kaiser, quando la Queen viene letteralmente scossa da un altro attacco. A quel punto il diplomatico imperiale scatta sull’attenti battendo i tacchi e proclama: »I prossimi tre sono a carico del Reich tedesco!«

Una storiella amena, anche se probabilmente non vera. Ma non importa, poiché un fondo di verità comunque esiste. La politica estera tedesca è stata quasi sempre goffa, supponente e priva di tatto. Fatta eccezione per il periodo di Adenauer, il quale intendeva riabilitare la Germania, e per quello di Willy Brandt, il quale chiuse la partita con il revanscismo. Ma da allora è passato tanto tempo e la Germania non solo è diventata piú grande, ma ha anche acquistato autonomia: a prima vista somiglia a uno di quei teenager che hanno appena raggiunto la maggiore età e non devono piú chiedere ai genitori il permesso per comprarsi l’automobile. In realtà, però, questo giovane adulto continua ad essere uno sbarbatello, che da un lato si ribella ai genitori, mentre dall’altro vorrebbe che essi gli mostrino affetto, e che continuamente cerca di mettere padre e madre l’uno contro l’altra. Si potrebbe anche dire: la Germania è rimasta infantile, un bambinone con i calzoncini corti che continua a giocare con la sabbia e si diverte un mondo a fare un giro in giostra.

Un bell’esempio di questo tipo di puerile ingenuità ci viene fornito dal ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, il politico tedesco piú amato, molto piú popolare del Cancelliere o della leader dell’opposizione. Fischer è considerato un vero »animale politico«, un uomo dall’istinto sicuro, un pragmatico, capace di dialogare con tutti, con Yassir Arafat come con Arik Sharon, con Colin Powell e con Kofi Annan. È il politico che è riuscito a portare i Verdi al governo e che li richiama all’ordine ogni qual volta all’interno del partito si profila un ammutinamento. È lui il motivo per cui votano »verde« molti elettori che altrimenti non simpatizzano per il partito degli ambientalisti militanti e dei partecipanti alle marce per la pace.

Ma che cosa ha realmente ottenuto Joschka Fischer in veste di ministro degli esteri? Poco o niente. Ha presentato un piano di pace per il Medio Oriente, che ha subìto la sorte di tutti i piani di pace, cioè non ha praticamente sortito effetto alcuno. Non ha impedito al Cancelliere Schröder di proclamare la »via tedesca« e di trascinare la Germania in un’assurda alleanza con la Francia, la Russia e il Belgio. Prima della guerra contro l’Iraq è volato di qua e di là per il mondo per impedire »in extremis« il conflitto, ben sapendo che allo stesso modo - e invano - avrebbe potuto chiedere che il sole sorga a nord e tramonti a sud. Ha fatto la spola tra Berlino e New York come altri fanno i pendolari tra casa e lavoro, nel frattempo ha fatto alcune brevi apparizioni in Medio Oriente, inframmezzate da qualche puntatina a Bruxelles e ha illustrato la posizione tedesca in varie conferenze internazionali. Ha insomma scatenato un frenetico attivismo senza capo né coda, simile a un criceto sulla ruota. Ma un comportamento del genere in Germania è sempre ben visto, poiché i tedeschi confondono la frenesia con l’efficienza e il presenzialismo con la politica. Iniziata la guerra contro l’Iraq, Fischer ha poi addirittura anticipato se stesso prospettando una partecipazione tedesca alla ricostruzione del paese. E adesso per tutto questo teatrino dovrà anche venir premiato. Si vocifera che sia destinato ad assumere la carica di »ministro degli esteri europeo«, mentre il Cancelliere Schröder in una recente intervista dichiarava che Fischer rappresenterebbe una »nomina eccellente« per un incarico del genere.

Ma alla promozione da ministro degli esteri tedesco a ministro degli esteri europeo si frappone un’inezia formale: una carica del genere non esiste, essa dovrebbe prima venir istituita dall’Unione europea, cioè dovrebbe per così dire venir confezionata su misura per Fischer. Non importa, pensa il Cancelliere, facciamo finta che quel posto sia già disponibile.

A questo punto non resta che fare due ipotesi: o il Cancelliere intende liberarsi, promuovendolo, del proprio vice e ministro degli esteri. Un tempo i politici da »riciclare« venivano ricompensati con cariche di ambasciatore, oggi l’Ue con i suoi svariati uffici e istituzioni offre sbocchi ancora migliori a tal scopo. Oppure stiamo vivendo un remake della vecchia storia dei piccoli roditori che abbandonano la nave che sta affondando per saltare su un’altra nave. Se questa domenica si tenessero le elezioni, la Spd e i Verdi andrebbero a picco. Logico dunque che il governo federale, incapace persino di definire una normativa funzionante sulla tassa per il riciclaggio delle lattine, si impegni a fondo a favore dell’integrazione europea. Sicché nessuno si stupirà se in una riunione della Commissione europea o del Parlamento europeo il rappresentante tedesco si alzerà in piedi e dichiarerà ad alta voce: »I prossimi tre ministeri li assume la Repubblica Federale!«

25.5.2003

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