Sie haben das Recht zu schweigen. Henryk M. Broders Sparring-Arena

Henryk M. Broder

20.07.2003   13:02   +Feedback

La via tedesca: Un premio per Susan

Enrico Brachiale

Care lettrici, cari lettori, un mese fa su questo giornale scrivevo che i tedeschi non hanno problemi di sorta e vivono felici e contenti. Oggi devo rivedere quell’affermazione. Effettivamente, a parte la disoccupazione in aumento, la produttività in calo e il crescente invecchiamento della popolazione, i tedeschi non hanno problemi, però

Enrico Brachiale

Enrico Brachiale non sono felici. Essi vivono infatti grandi preoccupazioni per la pace. Non la pace a casa propria, dove la criminalità e la violenza nelle scuole aumentano in maniera vertigionosa e in alcune zone, soprattutto all’Est, gli stranieri la sera fanno meglio a non uscire per strada per evitare di subire aggressioni - no, i tedeschi sono preoccupati per la pace nel mondo. Per questa ragione in Germania c’è un movimento pacifista piú forte e piú militante che in altri Paesi e per questa ragione esiste tutta una pletora di »premi per la pace« che vengono conferiti a persone che si distinguono per il loro impegno per la pace. Tra molti altri, vi sono per esempio il »Premio per la pace« di Brema e quello di Aquisgrana, il »Premio per la pace« di Gottinga, quello di Augsburg e quello del Land Assia; ci sono poi il »Premio per i diritti umani« della Fondazione Friedrich Ebert della Spd e il »Premio Carl von Ossietzky« della città di Oldenburg, il »Premio Fritz Bauer« della Humanistische Union, che recentemente è stato conferito agli autori di un »appello alla diserzione«. Non è quindi il caso di disertare in prima persona, basta esortare gli altri a farlo per venire premiati come attivisti per la pace. Ma il movimento pacifista, ovviamente, può fiorire soltanto in tempi di pace: in tempi di guerra sarebbe superfluo come la contraccezione a fecondazione ormai avvenuta. Già per questo motivo i pacifisti sono per la pace totale e per questo motivo, dicono, non può esserci »nessuna guerra giusta«... la quale roviner, ebbe il gusto delle molte manifestazioni. Alla »Festa della pace« di Augsburg, che viene celebrata in agosto, sono previste varie manifestazioni: una »Tavola della pace« per tutti i cittadini, un’azione »Seminare pace« al Giardino botanico, una »Notte della pace« con intrattenimento musicale, una »Festa della pace per i bambini« e un concerto »Pop for Peace«, cioè di tutto e di piú, per tutti i gusti. Dopodiché, in Congo, in Nigeria e in Sudan non si conterà un morto in meno, ma i pacifisti di Augsburg si sentiranno in pace con se stessi per aver profuso tanto impegno per la pace.

Il Premio per la pace piú importante in assoluto è quello conferito ogni anno dal »Börsenverein des Deutschen Buchhandels«, l’organismo di rappresentanza dei librai tedeschi, in occasione della fiera del libro di Francoforte. Quest’anno lo riceverà la scrittrice americana Susan Sontag, perché, così si legge nella motivazione, »in un mondo di immagini mistificate e di verità mutilate si è sempre battuta per il pensiero libero«. Il tono è talmente solenne che quasi non si osa ricordare quanto la signora Sontag in un momento storico avesse invece travisato la verità. I corpi delle vittime non erano stati ancora recuperati dalle macerie ancora fumanti delle Torri gemelle che Susan Sontag sulle pagine della Frankfurter Allgemeine Zeitung pubblicava un saggio nel quale con parole pesanti lamentava »uno squilibrio tra gli avvenimenti e il modo in cui essi venivano recepiti« e parlava di una »campagna » il cui obiettivo sarebbe stato quello di »fuorviare ancor di piú l’opinione pubblica«. Non si sarebbe trattato di »un ‘vile’ attacco contro la ‘civiltà’, la ‘libertà’, l’‘umanità’ o il ‘mondo libero’, bensì di un attacco… sferrato come conseguenza della politica, degli interessi e delle azioni degli Stati Uniti«. Susan Sontag esortava gli americani a recitare il mea culpa! e a riconoscere che erano stati attaccati a ragione. Ovviamente gli americani si rifiutarono di seguirla, mentre i tedeschi fecero propria quella proposta. Già poco tempo dopo, alle manifestazioni per la pace si leggevano e si sentivano scandire slogan che così sintetizzavano la posizione della Sontag: »Chi semina vento raccoglie tempesta«, »Chi la fa l’aspetti« o »Terror is coming home«.

E ora Susan Sontag viene insignita del piú prestigioso premio per la pace tedesco. Per il suo impegno in qualità di »ambasciatrice intellettuale tra i continenti«. Quella di sceglierla per il premio per la pace è stata una decisione molto »politicamente corretta«. Americana, donna, ebrea, omosessuale: il »Börsenverein des Deutschen Buchhandels« non onora lei, ma vuole soltanto dar prova della propria liberalitas. Avrebbe anche potuto fare una scelta completamente diversa e conferire il premio ad Oriana Fallaci o Salman Rushdie. Anch’essi auspicano la pace, ma a differenza della signora Sontag sanno distinguere tra vittime e assassini. Ma proprio questo depone a loro sfavore, così come invece depone a favore di Susan Sontag il fatto che essa mitizzi i rei e colpevolizzi le vittime. Un pensiero così libero va premiato. Susan Sontag si è onestamente guadagnata il premio per la pace del »Deutscher Buchhandel«.

20.7.2003

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